Non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi.
V. Lombardi
La Resilienza è la capacità di fronteggiare positivamente eventi traumatici, esperienze negative e/o stressanti. Come altri termini, di uso e abuso comune (lo stress, ad esempio, che è la tensione e lo sforzo a cui è sottoposto un materiale rigido in condizioni di sollecitazione), è stato preso in prestito dall’ingegneria, dove sta ad indicare la capacità di un materiale di sopportare un urto senza rompersi.
Quando ci si trova davanti ad una situazione stressante si può reagire in due modi, o lasciandosi travolgere oppure affrontando le avversità, pensiamo ad esempio ad un rifiuto sociale: ci piace molto una persona e le chiediamo di uscire, lei/lui rifiuta l’invito dichiarando di non essere interessato a noi. Chi ha una bassa resilienza probabilmente passerà giorni a rimuginare, chi ha una buona resilienza accetterà il no ed andrà avanti con la sua vita. Diversi studi hanno dimostrato che lo stile di resilienza di una persona rimane immutato sia davanti alle piccole cose (eventi stressanti di lieve entità), sia davanti alle grandi cose (un lutto ad esempio). Quando si ha una bassa resilienza si tende a reagire alle avversità con ansia, depressione e impotenza. Avere una buona capacità di resilienza invece significa possedere delle capacità di fronteggiamento e la motivazione che permettono di affrontare gli eventi negativi senza che questi ci travolgano.
Gli studi dimostrano che le persone che hanno una buona resilienza sono consapevoli, ottimiste, con un buon livello di autostima, con una robustezza psicologica ed estroverse.
Le neuroscienze grazie all’impiego della risonanza magnetica funzionale hanno identificato una maggiore attività nella corteccia prefrontale sinistra nei soggetti più resilienti ed una maggiore attività nella corteccia prefrontale destra nei soggetti scarsamente resilienti. Si è visto inoltre che la maggiore attivazione della corteccia prefrontale sinistra fa si che l’amigdala (la nostra centralina delle emozioni) sia meno attiva dopo che si è sperimentato un’emozione negativa (una maggiore attività della amigdala comporterebbe una ripresa più lenta dinnanzi all’avversità). Questo avviene perchè la corteccia prefrontale sinistra invia segnali inibitori alla amigdala, ma ulteriori studi hanno dimostrato che si verifica anche quando aumentano le connessioni tra le due aree, ossia più connessioni cerebrali ci sono tra l’amigdala e la corteccia prefrontale sinistra, che ne riducono l’attività, e maggiori sono le capacità di fronteggiare le avversità.
Ma si può migliorare la propria capacità di resilienza? Certamente. Praticare Mindfulness ad esempio aumenta la consapevolezza (una delle caratteristiche fondamentale dei soggetti resilienti). Studi neuroscientifici dimostrano che nel cervello di chi pratica Mindfulness c’è un aumento delle connessioni cerebrali tra diverse aree fra cui la corteccia prefrontale sinistra e l’amigdala. Mediatiamo…
Oltre alla Mindfulness anche percorsi terapeutici ad indirizzo Cognitivo-Comportamentale possono aiutare le persone ad incrementare le loro capacità di resilienza.
Bibliografia
R. Davidson, S. Begley (2013). La vita emotiva del cervello. Come conoscerla e imparare a cambiare attraverso la consapevolezza, Milano. Salani Editore